“Depressione”: una parola usata (spesso) a sproposito
Il termine depressione è uno dei più abusati, per ciò che riguarda i disturbi della sfera emotiva. Basta leggere un giornale per comprendere come il termine venga usato tanto per descrivere una generica demoralizzazione, quanto una condizione emotiva sottesa a gravi fatti di cronaca (i casi più eclatanti sono gli omicidi/suicidi o gli infanticidi) che, con questo disturbo, nulla hanno a che fare. E che, casomai, potrebbero essere riferiti a problemi psichici ben più gravi e, per fortuna, molto meno diffusi.
Tuttavia, in questo modo, si genera una confusione per cui sembra che tutti, a vario titolo, siano depressi e che tale situazione sia, di fatto, inevitabile. Con il risultato che il vero depresso difficilmente riuscirà ad accettare di essere tale e, in tal modo, faticherà anche a prendere in seria considerazione la possibilità che la sua percezione della realtà possa essere alterata.
Personalmente, ritengo di avere “assaggiato” la depressione in alcune fasi della mia vita, ma era sempre legata al panico. Durante il periodo in cui il disturbo di panico era più intenso, la gabbia dell’evitamento fobico aveva letteralmente mangiato ogni prospettiva di felicità, vita ed esistenza normale. E tutto ave smesso di avere un senso. Però non penso che quella mia reazione di allora fosse una reale depressione. Penso, piuttosto, si trattasse di una forte demoralizzazione conseguente alla mancanza della prospettiva di una via d’uscita dal panico.
I veri segni e sintomi del disturbo
Per cercare di comprendere la depressione nella sua dimensione individuale e collettiva, ho deciso di chiamare un’autorità in materia, il professor Claudio Mencacci, che ebbi l’occasione di conoscere ormai dieci anni fa in occasione di un congresso dedicato all’infanzia e all’adolescenza. Di lui mi colpì, allora come oggi, la chiarezza espositiva e la capacità di sintetizzare in poche e ponderate parole, interi universi di sofferenza.
La chiacchierata fatta con il professor Claudio Mencacci mi ha aiutato allora a comprendere una volta di più e ancora meglio quali siano i veri sintomi della depressione e come questa sia una sorta di lente deformante che toglie piacere, speranza, motivazione a ogni esperienza quotidiana. E, allo stesso modo, come la persona depressa sia spesso molto lucida nel descrivere questo stato di totale assenza di senso, nelle cose che fa, che pensa, che vive. Un altro aspetto importante, che emerge dalla conversazione, è il seguente: che la depressione non può e non deve mai essere data per scontata. E ciò vale per ogni fascia di età.
Dunque, al di là dei temperamenti malinconici che pure fanno parte della varietà del comportamento umano, ci sono condizioni quali solitudine, malattia, disagio, mancata realizzazione di sé che possono far precipitare l’equilibrio emotivo e innescare la spirale depressiva. La quale è però sempre e comunque una situazione che può (e deve) essere corretta. Perché non c’è nulla di “normale” nel non riuscire a provare gioia. Dal primo all’ultimo giorno della nostra vita.