Gli SSRI: il trattamento farmacologico per il panico

SSRI

Il trattamento farmacologico del panico con gli SSRI

Gli antidepressivi appartenenti alla classe degli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina stanno diventando lo standard per il trattamento del disturbo di panico. Ecco perché abbiamo deciso di riprendere i nostri interventi partendo proprio da questo tema “forte”. Ma prima di entrare nello specifico medico, una premessa è d’obbligo

 

Camilla de Fazio. Un volto nuovo per Stopalpanico

Prima ancora di parlare dell’argomento di oggi, mi piace l’idea di presentare a tutti voi (è Giulio che vi parla), Camilla de Fazio, collega giornalista. Tutto nasce da un viaggio in treno verso Verona, per seguire un incontro stampa. Una chiacchierata tra libri, lavoro e quel genere di cose di cui si parla in un viaggio né lungo né breve mi aveva fatto intuire come fosse la persona giusta con cui condividere questo progetto.

Ma è stato quando ho saputo che anche lei aveva vissuto in prima persona alcuni disagi che ho deciso di chiederle se se volesse partecipare. E la sua risposta affermativa mi ha messo nella felice condizione di tornare a investire tempo, risorse, impegno ed entusiasmo su Stopalpanico, come non avveniva da tempo per una serie di circostanze che non sto a riassumervi.

Mi sono chiesto più volte se fosse il caso di scrivere io questo articolo e, al di là del fatto che Camilla stessa mi ha dato una specifica autorizzazione in tal senso, mi sembrava corretto fare una piccola presentazione delle circostanze per cui da oggi (e spero a lungo), Camilla è qui con noi.

 

Torniamo al tema principale: gli SSRI

Camilla ha fatto una intervista alla dottoressa Maria Cristina Cavallini, Medico Psichiatra nel reparto di riabilitazione dei disturbi dell’umore dell’Ospedale San Raffaele Turro a Milano. E lei ci spiega qual è il tipo di approccio farmacologico a oggi più efficace per il trattamento del disturbo di panico. Si tratta, come accennato, degli SSRI, ovvero di una specifica classe di antidepressivi il cui nome per esteso è “Inibitori selettivi delle ricaptazione della serotonina”. Non sto a spiegarvi che cosa voglia dire perché la dottoressa Cavallini lo fa benissimo durante la chiacchierata. Posso però dirvi che gli SSRI sono stati, personalmente parlando, una risorsa importante per me e per il mio disturbo.

 

La mia esperienza con gli antidepressivi

Per molto tempo, nella mia vita, avevo rifiutato l’idea di prendere questi farmaci. Mi sembrava che fossero medicine “troppo potenti” e che di per sé risultassero più adatte a persone con gravi disturbi. Dato che la conoscenza (anche medica) del disturbo di panico era molto scarsa – al momento della diagnosi, nei primi anni ’90 – mi spaventava l’idea di avvicinarmi a farmaci (come i triciclici, che allora erano tra i pochi disponibili) che credevo potessero alterare la mia capacità di pensiero e di giudizio. E poi, allora, vivevo alla ricerca “del trauma”, seguendo da anni una terapia psicoanalitica, che pure mi è servita a un sacco di cose – ma non al panico.

 

Ho iniziato a prendere in considerazione l’idea di una soluzione farmacologica molto tempo dopo, quando mi ritrovai di fronte una persona specializzata nel trattamento di questo disturbo (scusate se non faccio nomi, ma mi sembra inelegante in quanto pubblicitario) che mi promise un miglioramento sostanziale e rapido della mia condizione. A dire la verità le cose non sono state così rapide e ci sono stati anche alcuni incidenti di percorso che hanno imposto il cambio di due o tre molecole (anche qui, non dico quali ho preso per non influenzare nessuno). Tuttavia, trovata quella più giusta per me, ne ho ricevuto un beneficio sostanziale per quanto riguarda la mia autonomia, la mia libertà personale, il mio benessere.

 

Cambiano la vita. Ma c’è un prezzo da pagare

Se una persona affetta da disturbo di panico mi chiedesse, così su due piedi, se sia il caso di assumere gli SSRI per avere un miglioramento della sua condizione, la mia risposta esperienziale è sì. Ma, allo stesso tempo, mi corre anche l’obbligo di essere intellettualmente onesto e dire che l’approccio con questi farmaci non è semplicissimo (lo spiega molto bene la dottoressa Cavallini quando si parla di approccio terapeutico, nell’intervista), così come non è facile poi gestire in maniera “serena” alcuni degli effetti collaterali più comuni. Anche se parleremo di questi in una delle prossime interviste, è sempre necessario ribadire che il farmaco è un ausilio e non una soluzione magica.

Una parte del lavoro può e deve essere fatta attraverso una psicoterapia, per imparare a comprendere come il panico sia una risposta caotica a un problema lineare. Solo la consapevolezza può aiutarci a superare il problema, consentendoci poi  – gradualmente – anche di abbandonare la terapia farmacologica.

Ps – Benvenuta, Camilla!

 

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