Di attacchi di panico non si muore

Di attacchi di panico non si muore

La paura di morire è tanta, ma la verità è una: di attacchi di panico non si muore. Si tratta di una regola che bisognerebbe avere ben presente in ogni situazione, ogni momento, per divenire diventare un mantra e cercare di farla grande dentro di noi. Deve diventare una certezza incrollabile: “di attacchi di panico non si muore”.

Perché lo scrivo in questo modo? Perché se siamo onesti con noi stessi, sappiamo bene che l’attacco di panico porta dentro di sé LA PAURA per antonomasia, cioè che tutto finisca in quel momento. È l’angoscia esistenziale che si concretizza da un secondo all’altro, è come guardare il senso stesso della vita negli occhi e ricavarne l’impossibilità di poterci dialogare, venire a patti.  

Tuttavia un conto è parlare di questa sensazione in astratto. Ben diverso è vivere gli attacchi di panico mentre si sta facendo altro, mentre si sta vivendo. Orribile? Senz’altro. Eppure io credo ci sia di peggio: esporsi a una situazione in cui si prevede di poter avere un attacco di panico.

 

L’ansia anticipatoria è la vera difficoltà

Se l’attacco di panico è un’esperienza terrificante, personalmente ritengo che l’ansia anticipatoria sia ancora peggio. Innanzi tutto perché si provano emozioni simili a quelle degli attacchi di panico (anche se in maniera più vaga e accennata e per questo, forse, ancora più minacciosa) con la netta sensazione che il peggio possa accadere da un momento all’altro e che il limite della capacità di sopportazione sia davvero vicino. Come una corda che si potrebbe spezzare, già giunta alla massima tensione.

Ci sono situazioni tipiche in cui – personalmente – ho sperimentato e talvolta (in occasione delle ricadute), sperimento questa paura. Salire sui mezzi pubblici (l’aereo è il primo, ma questa è anche una fobia comune. Quando invece capita su treni, anche per piccole tratte, la situazione è davvero grave) oppure mettermi alla guida in strade in cui so che ci saranno lunghe gallerie e viadotti (cioè laddove manca la possibiità di avere una corsia di emergenza).

Si tratta di situazioni in cui il malessere blocca in anticipo. Il timore di trovarsi in quella situazione senza via d’uscita può portare alla rinuncia a un viaggio o al cedere il proprio posto di guida a un’altra persona, per timore di non riuscire a portare a termine l’impegno che si è preso.

A quel punto scivolare nella spirale dell’inadeguatezza e del senso di colpa è molto semplice e, peraltro, a ogni rinuncia può anche sommarsi la perdita d una opportunità che può essere lavorativa, affettiva, personale.

 

Esiste un kit di SOS per gli attacchi panico?

Quando ho voluto organizzare questa intervista avevo in mente un servizio ben preciso: offrire a chi segue il canale una specie di vademecum pratico e di facile applicazione per superare gli attacchi di panico e l’ansia anticipatoria. Dunque cercavo in buona sostanza un suggerimento che servisse anche a me stesso.

Ho capito mentre conducevo l’intervista che stavo fallendo nel mio intento e, proprio mentre seguivo le parole del dottor Riccardo Bussi, mi venivano a mente parole che io stesso avevo usato per la presentazione del canale: “non intendo offrire soluzioni semplici a problemi complessi”.

Invece, devo ammetterlo, ci sono cascato. E il dottor Bussi, che pure si è prestato a questo mio continuare a presentare scenari, non poteva darmi quella ricetta facile e di pronto uso che, stile bacchetta magica, potesse aiutare chiunque a superare gli attacchi di panico. Quindi il kit di pronto intervento, che sia uguale per tutti e di facile applicazione, non esiste.

 

Bastano poche certezze. Ma devono essere tali

Anche se questo kit non esiste, non possiamo però dimenticare che alcune consapevolezze restano e sono importanti e devono comunque essere apprese e portate con sé. Mi riferisco proprio alla frase di inizio articolo, che poi è anche quella che dà il nome all’intervista: “di attacchi panico non si muore”.

Capisco che sembra poco, ma se si riesce a tenere ben ferma la barra su questa rotta ecco che anche la sofferenza più acuta si ridimensiona. Riuscire a far grande la certezza, dentro di sé, che quel vissuto è orribile ma non porta alla morte, non ci mette in pericolo concreto, può aiutarci a renderlo meno insopportabile.

Forse è questo il bandolo della matassa che serve a ognuno di noi per dipanare l’intricato gomitolo del panico. È terribile, ma non è mortale. E possiamo farcela anche nei giorni in cui tutto sembra spaventoso e fuori dalla nostra portata. Perché di attacchi di panico non si muore.

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