Gli effetti della vitamina D su ansia e depressione

Vitamina D sole

In questi ultimi anni la vitamina D (o più correttamente, il calcitriolo), è al centro di una vera e propria riscoperta, perché la ricerca medico scientifica ha appurato come praticamente tutte le cellule del nostro corpo abbiano dei recettori per questo nutriente. Ciò vale anche per le cellule del sistema nervoso e, dunque, possiamo legittimamente attenderci che questo ormone (la definizione di vitamina è molto vecchia e, oggi, superata) svolga un compito importante anche per ciò che riguarda il tono dell’umore.

Bassi livelli di vitamina D
sono correlati a disturbi psichici

Per il momento, senza voler esprimere giudizi affrettati, possiamo dire che è stata osservata una correlazione tra bassi livelli di calcitriolo e disturbi psichici come schizofrenia e depressione maggiore. Ma oggi sta aumentando la letteratura anche per ciò che riguarda i disturbi dell’umore, intesi come sindromi depressive e ansia. Un aspetto importante è il seguente: a causa delle nostre abitudini di vita, la carenza di vitamina D nel sangue è forse la più diffusa, fin dalla giovane età, tra la popolazione generale.

L’integrazione di vitamina D, infatti, viene considerata indispensabile nella primissima infanzia per garantire un corretto sviluppo osseo e viene poi prescritta in età avanzata per la prevenzione delle fratture da osteoporosi. Tuttavia noi avremmo sempre bisogno di mantenere una buona concentrazione di vitamina D nel sangue e non solo nell’infanzia o in età avanzata.

Che cosa mi ha detto Annamaria Colao

Partendo da queste basi ho voluto sentire un’esperta di vitamina D (anche se definirla in questo modo è persino riduttivo; ha un curriculum vitae impressionante), una scienziata che studiato a fondo gli effetti di questo nutriente sul metabolismo umano.

Annamaria Colao, presidentessa della società italiana di endocrinologia, mi ha così spiegato che, pur in assenza di una evidenza scientifica incontrovertibile, l’idea che effettivamente la vitamina D possa svolgere un’azione stabilizzatrice sul tono dell’umore è ampiamente suggerita da alcuni studi (un po’ a macchia di leopardo; ci vorrebbe una metanalisi, cioè una ricerca che fa il punto sulle ricerche svolte fino a questo punto) molto interessanti. E lei stessa si sta apprestando a condurne uno sugli effetti del calcitriolo sulla depressione.

L’integrazione è quindi indispensabile?

La video intervista condotta con il professor Giampaolo Perna ha chiarito come, prima di intraprendere un percorso terapeutico per i disturbi della psiche (il professor Perna si riferiva al disturbo di panico, ma è assolutamente ragionevole pensare che ciò valga anche per la depressione e gli stati ansiosi in generale) è sempre necessario eseguire dei controlli medici mirati a valutare se l’organismo funziona bene o se c’è qualche causa organica che mima il disturbo psichico. Ebbene, tra gli esami suggeriti, qualora ci fosse anche un’analisi del sangue (magari per controllare la funzione della tiroide), aggiungere il dosaggio della vitamina D può essere utile.

In questo modo si può stabilire se c’è una carenza e procedere a riportare i livelli di questa sostanza all’interno dei parametri fisiologici. Del resto, anche senza voler accettare il possibile effetto del calcitriolo sull’umore, la carenza di vitamina D espone ad altri pericoli per la salute e, dunque, si tratta di una verifica comunque utile.

La quantità di ormone sufficiente (e necessaria)

La professoressa Colao, che mi ha gentilmente assicurato sul fatto che mi (anzi, “ci”) renderà partecipi dei risultati della sua ricerca, non appena avrà qualche dato solido, ha anche spiegato come non basti riportare i livelli di vitamina D al limite inferiore considerato “sufficiente” per ottenere il reale beneficio della vitamina. Essere giusto al di sopra della soglia minima significa non sfruttare appieno le proprietà della vitamina stessa e, dunque, a suo parere le integrazioni dovrebbero essere fatte per giungere a una concentrazione ottimale, che sarebbe quindi compresa tra 40 e 60 microgrammi per millilitro di sangue.

Al di sopra dei 30ng/mL considerati la soglia minima ma comunque ben al di sotto dei 100ng/mL che vengono considerati, a loro volta, limite massimo.

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